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Etica e Impresa

pubblicato il 09/03/2010 10:21, ultima modifica 09/03/2010 10:21

Estratto dell'intervento al Convegno “Elogio dell'innovazione-La Responsabilità Sociale per lo sviluppo economico” - Ravenna, 29 febbraio 2008

Estratto dell'intervento del Prof. Maurizio Viroli

La convinzione che etica e profitto siano in contrasto per loro stessa natura, in quanto il profitto passerebbe attraverso lo sfruttamento, la competizione sleale, la sopraffazione del dipendente o del concorrente più debole, è frutto di idee nate in tempi diversi dai nostri, quando i sistemi  economici erano chiusi in ambito nazionale, con componenti monopolistiche, con stati autoritari o oligarchici, con cittadini poco scolarizzati e scarsamente informati sulla cosa pubblica, con mass media praticamente inesistenti. Nella realtà contemporanea realizzare grandi profitti senza finire in carcere violando le norme etiche è infatti possibile soprattutto in contesti socialmente e politicamente arretrati ai quali è difficile possa arridere il futuro e in ogni caso non sono i contesti entro i quali operano o intendono operare gli imprenditori del Ravennate e della Romagna.
I fatti, non le teorie, insegnano che etica e profitto non sono in contrasto, anzi che il profitto è inscindibile dalla qualità e che il profitto di lungo periodo è il risultato della buona reputazione aziendale. Nel breve periodo infatti è possibile realizzare grandi profitti, ma nel lungo periodo realizzano profitti soprattutto le imprese che rispettano criteri etici. Fra gli esempi c'è quello della Usinor, industria metallurgica inglese che riesce a superare la crisi dell'industria del ferro della fine degli anni Settanta dovuta al prezzo del petrolio, alle fluttuazioni sorprendenti del mercato, alla competizione dei parsi che producevano a bassi salari, grazie alla collaborazione che riuscì ad ottenere dai sindacati e dalle comunità in cui operavano gli stabilimenti. Insieme, impresa sindacati e comunità riuscirono a individuare nuove possibilità produttive, di formazione professionale e di occupazione per i dipendenti. Morale, nel 2002 la Usinor diventa Arcelor, il più grande produttore mondiale di ferro.
Un ulteriore elemento che rafforza la tesi che il comportamento etico aiuta le imprese a prosperare è lo sviluppo della certificazione etica, in particolare la norma SA 8000, pubblicata nell'ottobre del 1997 a cura del CEPAA Council on Economic Priorities Accreditation Agengy (organizzazione americana che riunisce rappresentanti del governo, sindacati, università, catene distributive, società di consulenza, enti di certificazione – www.cepaa.org).
La spinta iniziale alla certificazione rilasciata da agenzie indipendenti venne dall'esigenza di rispondere alla richiesta dell'opinione pubblica che esercitava pressione per avere garanzie sui sistemi di fabbricazione dei prodotti proposti dal mercato. Lo sviluppo del sistema nel lungo periodo si basa sulla convinzione delle organizzazioni che la Responsabilità Sociale è una leva competitiva. Lo scopo della norma è definire lo standard di auditing etico e sociale. I contenuti sono i requisiti di responsabilità sociale: lavoro minorile e forzato, salute e sicurezza, libertà di associazione e diritti di rappresentanza collettiva, discriminazione, pratiche disciplinari, orario di lavoro, retribuzione, sistemi di gestione.
Le imprese che seguono criteri etici di gestione aiutano la crescita del cosiddetto capitale sociale fuori e dentro l'impresa, e il capitale sociale a sua volta aiuta l'impresa. Per capitale sociale si intende norme che producono, permettono, incoraggiano la cooperazione tra individui. Possiamo considerare il capitale sociale come una forma d fiducia moderata: sai di poter lavorare, fare affari, ricercare con altri senza paura che siano tuoi competitori o nemici. Come scrive Robert Putnam, il capitale sociale consiste di “fiducia, norme e relazioni che facilitano la cooperazione per il beneficio comune”. In una comunità, o un gruppo, o un'impresa che possiede capitale sociale le persone hanno fiducia che le loro azioni altruistiche che contribuiscono al bene degli altri saranno nel futuro ricompensate. Il capitale sociale crea prosperità economica. Come altri tipi di capitale, anche quello sociale è produttivo perchè rende possibile il raggiungimento di certi scopi che non si otterrebbero se quel capitale  mancasse. Un gruppo di persone che hanno fiducia gli uni negli altri potranno ottenere molto di più di un altro gruppo in cui non vi è fiducia reciproca. In una comunità agricola, in cui gli agricoltori si aiutano l'un l'altro a raccogliere il fieno in covoni e dove vi è lo scambio degli attrezzi, il capitale sociale consente a ogni contadino di compiere il suo lavoro con minor spreco di capitale fisico e di attrezzatura.
La storia italiana offre del resto un esempio illuminante dell'importanza del capitale sociale. Confrontiamo due regioni che all'inizio del secolo erano in condizioni economiche e sociali paragonabili. Nel 1901 l'Emilia-Romagna si trovava a metà della classifica delle regioni italiane per quanto riguarda l'industrializzazione (65% della forza lavoro nell'agricoltura e 20% nelle fabbriche). La Calabria era leggermente più industrializzata (63% nell'agricoltura e 26% nelle fabbriche), anche se l'agricoltura calabrese era più arretrata e la popolazione più povera e meno istruita. Ma l'Emilia- Romagna aveva tassi di mortalità infantile superiori alla media nazionale e la Calabria leggermente inferiori. Due regioni arretrate, ma ben diverse per quanto riguarda la partecipazione politica e la solidarietà sociale: l'Emilia-Romagna aveva già allora il più alto livello di cultura civica di tutta la penisola mentre la Calabria era la regione meno dotata di senso civico, con una struttura sociale frammentaria e feudale. Ebbene, dal 1901 ad oggi si è aperto un vero e proprio baratro tra le due regioni: negli anni '80 l'Emilia-Romagna dispone di una delle economie più dinamiche e si avvia a diventare una delle regioni più ricche d'Italia e più avanzate del mondo, mentre la Calabria rimane la regione più povera d'Italia e tra le più arretrate in Europa.
Ultimo esempio degli effetti positivi del capitale sociale è il ben noto successo dei cosiddetti distretti industriali - ditte tessili di alta moda a Prato, acciaierie di formato ridotto a Brescia, industria delle moto a Bologna, piastrellisti a Sassuolo - caratterizzati da aziende in forte concorrenza tra loro che tuttavia cooperano per quanto riguarda i servizi amministrativi, l'acquisto della materie prime, la finanza e la ricerca. Quelle dei distretti industriali sono aziende che operano in contesti caratterizzati da alto capitale sociale e da forti strutture associative. Questo contesto rende più efficiente il flusso delle informazioni sulle novità tecnologiche, sulla credibilità di potenziali imprenditori, sull'affidabilità di singoli lavoratori. Le innovazioni dipendono spesso da informazioni che circolano negli incontri quotidiani nei caffè, per la strada, al circolo, all'associazione. “Ciò che è essenziale nei distretti sociali, ha scritto Robert Putnam, è la fiducia reciproca, la cooperazione  sociale e una profonda coscienza civile”.
A questo si aggiunge che le imprese con ricco capitale sociale hanno più possibilità di attrarre i dirigenti più preparati e di trattenere i dirigenti migliori in una condizione di concorrenza. Un esempio ricavato dall'Università di Princeton: quando uno di noi riceve un'offerta da un'altra università, Princeton fa sempre un'offerta minore di quella della concorrenza perchè mette sul piatto della bilancia il capitale sociale che essa offre. Uno studioso serio non lascia un'università dove lavora bene con i colleghi e con gli studenti e con l'amministrazione per qualche decina di migliaia di dollari in più. Questo significa che grazie al suo capitale sociale l'università trattiene i professori ai quali tiene e l'impresa università prospera.
Vorrei concludere con la citazione di un filosofo contemporaneo: “Una posizione morale è ciò per cui una mente calcolatrice opterebbe dopo aver fatto bene i suoi conti” (Z. Bauman).
Le regole di comportamento, nelle imprese come nella politica e nella vita, non hanno una validità assoluta. Per tutte le considerazioni che ho svolto a sostegno della tesi che il comportamento etico premia nel lungo periodo le imprese, soprattutto nel contesto del nostro tempo, si possono trovare molte e anche importanti eccezioni. Ma se facciano bene i conti, e chi ha imprese deve saper fare bene i conti, la conclusione è che è meglio seguire una posizione etica.

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